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Poi le sfide di pallone

contro quei d’altra sezione:

il portiere era Tubini,

con Filippi e con Manzini;

 

Montresor e ancor Viviani,

Raschellà con Avesani,

poi Panozzo, Blaas e Cracco.

E Dalfini, il centrattacco.

 

Or che a volo ho ricordato

qualche cosa del passato

voglio tanto ringraziare

chi ha voluto organizzare

 

questa gran rimpatriata:

una vita è già passata!

Dal lontano sessantuno

quasi più di voi nessuno

 

di incontrare mi fu dato:

un gran taglio col passato.

Ma se abbiamo costruito

qualche cosa a noi ambito

 

lo dobbiamo a un fondamento

ben più forte del cemento:

quei begli anni ormai lontani

da studenti Maffeiani!

 

28 maggio 2005

Sul finire dei “cinquanta”

di studiare voglia tanta

non s’aveva certamente:

spesso altrove era la mente.

 

C’eran certo dei secchioni

sempre pronti alle lezioni

ma disposti ad aiutare

chi avea gatte da pelare...

 

C’era chi letteratura

preparava con gran cura

e citava Metastasio

fin dai tempi del ginnasio,

 

recitando ogni sua arietta:

era Mario “Pigafetta”.

C’era chi dell’euclidea

s’era fatta chiara idea

 

e se c’era un bel teorema

da risolver, senza tema,

tosto alzava le sue mani:

“Vien qua fora, tì, Avesani!”

 

Era frase preferita

della vecchia Margherita,

con Manara “Pegoretta”

e Viviani detto “Ochetta”!

 

C’era chi il greco di getto

traduceva, ed era Cetto,

od i testi dei latini:

era Blaas oppur Tubini.

 

Cari amici che emozioni

ricordar quelle lezioni,

ricordar la gioventù

ch’è passata, e non c’è più.

Ricordare Gino Bon

non maestro di “bon ton”

ma di vita per noi tutti

con i detti suoi asciutti:

 

“Vivi! E lascia viver tu!”:

un compendio di virtù,

una gran filosofia

per la vita in armonia.

 

C’era l’Oppi, l’Ercolano,

certamente tipo strano,

complessato, maschilista

e di certo pur razzista!

 

Se “Boutroux” ci pronunciava

il Ticozzi sputazzava

su quei del secondo banco

dove stava in piè, mai stanco,

 

mentre Cetto si sporgeva

sul registro che teneva

sempre bene spalancato:

finché un giorno fu beccato.

 

C’era poi don Aleardo.

Con lo sguardo suo beffardo

nella Messa si voltava

e i presenti controllava:

 

.“Dominus - uno, due, tre! –

vobiscùm – guarda chi c’è!”

ci contava; poi, sornione,

ci aspettava alla lezione…

 

Ove lui, da un sacco d’anni,

commentava san Giovanni:

En arkh” lui ci diceva

sol “o logos” esisteva.

 

 

 

Poi le ginniche lezioni

del carissimo Masoni

che avea in testa il mito agreste

della corsa sua campestre.

 

Lì, se c’eran dei casini,

era colpa di Manzini

pure se quel delinquente

fosse stato a casa assente.

 

Alla pertica il Gian Cetto,

sovrappeso, e non di un etto,

tentò un giorno di salire

del Masoni per le ire:

 

ritornato al suol repente

prese pur del deficiente!

Chi leggeva, chi studiava,

e chi a carte pur giocava!

 

Gran partite di pallone

e chi con quell’occasione

se ne usciva all’osteria

pur sfidando sorte ria.

 

In palestra c’era il destro

per giocar pallacanestro

il più bravo era Ponzetta

a tirar dalla lunetta

 

od a farlo in sospensione

da ogni buona posizione,

insegnando a noi, più brocchi,

come far per lui dei blocchi.

 

C’era il mitico Cuppini,

profe d’arte fra i più fini,

che lodava senza pose

le donnine più formose.

Ricordi della Terza B

28 maggio 2005

        Terza B

 

Quarant’anni e più già sono passati

dai tempi belli della Terza Bì:

insieme oggi ci ritroviamo qui

sui sessanta, già mezzi pensionati.

 

Quarant’anni che più non ci vediamo,

vie diverse pel mondo ci han portato,

ma quel liceo ci ha certo insegnato

che con l’impegno, solo, costruiamo.

 

Quanta gioia, quest’oggi, a ritrovare

amici forse ormai dimenticati

ma che tutti sentiamo ancor di amare.

 

Fra pacche e abbracci fra di noi scambiati

ci pare giusto insieme ricordare

quelli di noi che al Padre son tornati.

 

Ottobre 2002

III B del Liceo Scipione Maffei di Verona 1961

        Le raise

 

Cossa fai ’sti sedese veceti,

età media più de sesantadù,

a contarse col cor, da amissi s-ceti,

quel che i ha fato, co’ vissi e co’ virtù?

 

Quarantaquatro ani è zà pasadi

dal tempo de la scola, del Maffei,

è ancò de novo insema i s’ha catadi:

un fil de pansa in più... manco cavei.

 

Ma el spirito, emo visto, l’è ancor quel

de quando, a scola, se studiava e intanto

deventava ognun omo da butel.

 

Ciacolando emo tuti visto quanto

le raise più fonde le ha contà:

semo, co’ i ani, più amissi deventà.

 

28 Maggio 2005

 

 

 

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